Pagina:Storia del reame di Napoli dal 1734 sino al 1825 I.pdf/24

14 vita del colletta.

requietezza, il precipitoso consiglio nell’operare, la fiacchezza nel sostenere le cose operate, il facile sospetto, la maldicenza verso i maggiori, l’abbandono de’ compagni; e, dopo caduto per tanti errori l’innalzato edifizio, il vergognoso riposo, e spesso l’allegrezza sulle rovine. Ma lo stesso specchio ritrarrà la impazienza del popolo alle ingiustizie di governo, argomento di buono istinto e sprone alle imprese di civiltà; la facilità di intendersi, di muovere, di riuscire; la modestia nella vittoria, e la virtù sofferente sotto i flagelli della tirannide; l’indugio ai disegni virtuosi, non mai l’abbandono; e le armi pronte, l’ingegno desto, e il buon volere che ratto scoppia. E però i Napoletani appariranno facili ad imprendere, svogliati a mantenere, tristi ne’ precipizii; ma pieni dell’avvenire, speranza d’Italia, popolo che avvicenda costumi civilissimi e barbari. E questo importa dimostrare a quelle genti, acciò, non s’inebriando delle proprie lodi, non durino nel fallo del passato, nè rimproverate più che non si debbe ad infelici, credano sè deboli alle imprese e si addormentino come disperati prigionieri sulle catene

“..... Ascrivete voi a difetto l’avere io rammentato molta parte della storia di Francia? Oggi non v’ha uomo, per quanto svagato dagli studii, il quale ignori quella storia; ma era necessario mostrare i legamenti di que’ fatti ai nostri. E piacerà di rileggere le grandi geste che hanno operato la caduta e il risorgimento degli imperii, e dato nuovo talento a’ reggitori delle nazioni e muove speranze a’ popoli. Aggiugnete che molti fatti e giudizii rivelati a me stesso dal re Gioacchino, dal ministro Saliceti, dal convenzionale Cavaignac, da parecchi dell’esercito, differiscono in parte da’ libri comuni. E ciò risguardo a’ tempi nostri, ma che dirò io degli avvenire quando la storia di Francia sarà divenuta straniera erudizione, sicchè divisa da quella la storia di Napoli andranno ignote le cagioni di tante guerre e paci, di tante fortune nostre? Quindi a me sembrò che la narra-