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220 LIBRO QUARTO — 1799.


E allora un altro; e che vuol dire questa uguaglianza?

«Poter essere (indicando con le mani se stesso) lazzaro e colonnello. I signori erano colonnelli nel ventre della madre; io lo sono per la uguaglianza allora si nasceva alla grandezza, oggi vi si arriva.»

Non più ne dirò per brevità, sebbene molte altre sentenze di egual senno io abbia inteso da quel plebeo; e spiacemi di averne tarpato il più sottile per non averle riferite nel dialetto parlato, brevissimo e vivace; della quale licenza ho detto in altri luoghi le cagioni.

Alcuni preti e frati, sapienti ancor essi, parlavano al popolo di governo; e tirando dal vangelo le dottrine di eguaglianza politica, e volgarizzando in dialetto napoletano alcuni motti di Gesù Cristo, incitavano e afforzavano l’odio a’ re, l’amore a’ liberi governi, l’obbedienza all’autorità del presente. Spiegavano, come pronostici avverati di profeti, la fuga di Ferdinando, la venuta di genti straniere, il mutato governo; così che messe insieme le profezie, la croce, l’uguaglianza, la libertà, la repubblica, mostrandosi con vesti sacerdotali, e parlando linguaggio superstiziosamente creduto, insinuavano alla plebe sensi favorevoli per il nuovo stato. Ma pure altri cherici da’ confessionali inspiravano sensi contrarii; e giovani dissennati guastavano le buone opere de’ sapienti per dottrine di sfrenata coscienza; predicando libero il credere, libero il culto di religione, non premii celestiali alla virtù, non pene alle colpe; nullo il futuro come di belve.

VII. Le cure de’ reggitori, fermate ne’ primi tempi alla sola città, si estesero alle province; ma seguendo le istesse regole mandavano commissarii per dipartimenti, commissarii per cantoni, con pienezza di potere quando convenisse alla esecuzione delle leggi, e a’ casi urgenti di quiete pubblica, o di guerra. Insieme a’ quali si partivano molti altri col nome di democratizzatori, senza facoltà o stipendii, col carico di persuadere e ridurre alle forme repubblicane le città e terre delle province; provveduti di lettere patenti del governo, andando a turba per vero zelo o per falso, prevedendone uffizii pubblici e guadagni. Non dirò, perchè facile a immaginare, quanto i commissarii e i democratizzatori paressero ingrati agli abitanti delle province, rozzi, semplici, accorti, nulla curanti le bellezze non sentite di libertà; spregiatori di vota eloquenza, ed usi a fermare le speranze nell’abolizione della feudalità, nella divisione delle terre feudali, nella minorazione dei tributi, nel miglioramento delle amministrazioni e della giustizia. Le quali brame non isfuggivano agli oratori di repubblica, ma le discorrevano variamente, promettendole in lontano, ed unendole alle riforme religiose, alle libertà di coscienza, a’ matrimonii solamente civili, alla nullità de’ testamenti, e ad altre innumerevoli sfrenatezze di morale, riprovate