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ta non equivoca che porta la storia del carattere di Carlo Magno, non si può apporre che a mera invenzione degli scrittori di quei secoli sanguinosi l'asserzione, che un sì gran re abbia condannato Paolo ad essere tagliato le mani, e privato degli occhi, come reo di congiura. Nè tampoco si può supporre, che il Diacono Longobardo si macchiasse di tanto delitto: bensì è da credersi, ch'egli abbia penato d'imprudenza, e che prevalendosi dell'affetto dimostratogli dal re vincitore, abbia risvegliato ne' suoi desideri e speranze di vedere ricomposte le cose del regno fondato da' suoi maggiori. Un re della tempra di Carlo Magno dovea concitarsi al solo sospetto che si potesse immaginare una cosa contraria ai vasti disegni della sua mente; e non è meraviglia, che per impeto momentaneo di sdegno lo abbia egli relegalo in luogo, dove non potesse più a lui essere pericoloso. Noi però senza progredire più oltre ci atterremo soltanto a quello che è certo; cioè, che il Diacono dimorato avendo non poco in Francia, amato e stimato, dovette poi infelicemente ritornare esule in Italia; dove trattenutosi qualche tempo nell'isola di Tremiti, finalmente trovò la via di fuggirsene a Benevento. Fu quivi ricevuto a brac-