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CAPO XXVI. 277

milizie1. Sì tante boscaglie e di qua e di là dell’Appennino, protette dovunque da leggi sacre conservative, nè mai date alla scure senza motivo di ben pubblico, erano esse stesse di grandissimo guadagno col taglio d’ogni sorta legname atto alle costruzioni civili, militari e navali: principalmente querce, istie, farnie, abeti, larici, pini, faggi, ed altre specie di piante alpine d’alto fusto, domestiche al nostro clima. Per troppo illimitato disboscamento ne’ luoghi montuosi con danno grande de’ piani e delle valli, le generazioni moderne hanno perduto buona parte di questi beni, e resi certamente più costosi e incerti i mezzi di reggere la campestre economia. Però da quel poco che abbiamo toccato fin’ora può accertarsi ognuno quali e quante delle migliori coltivazioni odierne sieno dovute ai padri nostri, e per quanti studi rurali eglino sapessero procacciarsi copia d’ogni qualità di derrate.

Non per altro mezzo erano essi cresciuti alle virtù che diedero loro forza e potenza2. Le vestigie d’una prima vita tutta pastorale ed agricola si conservarono mai sempre nella religione, nei costumi, e negli abiti

  1. I padri nostri tenevano il porco per nutrimento, talmente sano e fortificante, che lo davano per pasto ai gladiatori. La salciccia lucanica prese il nome dai Lucani: così dai Falisci dell’Etruria il falisco, altra specie di carne battuta messa nel ventre del porco. Varro l. l. iv.; Stat. Sylv. iv, 9. 35.; Martial. iv ep. 46.
  2. Hanc olim veteres coluere Sabini:
    Hanc Remus et frater: sic fortis Etruria crevit.

    Virg. Georg. ii. 532.