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CAPO XXV. 265

vita comune. Che Vulci in fine, dalla cui necropoli si traggono ogni dì monumenti di tanto pregio, fosse una terra molto copiosa di popolo, e gagliarda di stato, lo dichiara senz’altro il fatto rilevantissimo ch’ella sola, unitamente con Volsinio, ebbe animo, mezzi ed armi, di resistere a Roma vittoriosa dopo ancora la fatal rotta del Vadimone. Fu debellata anch’essa è vero nel 473, come mostrano i Fasti trionfali; ma se perde in allora lo stato politico, le rimase bensì in sua integrità e pienezza il municipale, sotto cui Vulci, pari a ogni altra città dell’Etruria, continuava a reggersi con propria amministrazione e col governo di se stessa, secondo che portava la nuova sua condizione di municipio: stato politico pieno di oziosità cittadinesca, che alimentava d’ogni maniera la mollezza della vita privata1.

Molto usitata, quanto antica, era quest’arte del vasellaio non solamente in Etruria e in Campania, ma per tutta Italia2. Che il vasellame di terra anche usuale vi fosse venuto a molta perfezione si vede chiaramente per la quasi incredibile varietà delle forme, unita a leggiadria di contorni e di proporzioni. Gli artefici etruschi con uguale maestria formavano e dipingevano quei vasi stessi, che più propriamente hanno

  1. Vedi Tom. i. p. 157.
  2. Plin. xxv. 12.; Marziale (xii. ep. 102. 114., xiii. 110) loda le tazze cumane e le surrentine: quest’ultime sono più specialmente encomiate da Macedonio, autor greco della Antologia. Brunk, Analect. T. iii. 33. p. 120.