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CAPO XIII.


Sanniti


Dopo che la nazione sabina s’era costituita nella forma che vedemmo di sopra, mediante l’aggregato di non poche tribù circonvicine del suo proprio sangue, crebbe naturalmente in tal soprabbondanza di popolo, che il paese natìo per sua infelicità non si trovò più bastante a sostentare la moltitudine degli abitatori. Nessuna maggiore calamità affligge un popolo scarso di mestieri quanto la mancanza dell’ordinario alimento; ma in sì difettoso stato di vita civile era pronto il rimedio in chi reggeva la gente coll’espulsione del superfluo, sotto colore di pubblico voto o di sacra primavera. Or dunque una numerosa mano di gioventù consacrata, mandata fuori delle paterne montagne con auspicj divini, si mosse dall’alta Sabina inverso la bassa Italia. Li proteggeva per via il nume difensore: passarono, siccome mostra la topografia dei luoghi, pe’ vicini Marsi e Peligni, nè trovarono colà impedimento, non tanto per riguardo di consanguinità, quanto per reverenza di religione: onde venuti innanzi sino alle falde dell’aspro Matese, che ha sopra quaranta miglia di estensione, si collocarono quivi intorno per la continuata giogaia che lega insieme il monte Matese con lo smisurato Taburno, e vi diedero così principio alla nazione dei Sabelli o altrimenti