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Il poeta greco Simonide canta: «Per l’uomo mortale, il più nobile, e il primo dei beni è la salute; il secondo è la bellezza; il terzo la ricchezza acquistata senza frode; il quarto è di godere di questi beni in compagnia di giovani amici».

Questi sono i beni della vita, le gioie della vita. Che cosa cercava d’altronde Diogene di Sinope, se non questa vera gioia di vivere, che credette di trovare nel più ristretto scioglimento dei bisogni? Che cosa d’altro Aristippo, che la trovò in una inalterabile tranquillità d’animo? Quello che cercavano, tutti, era il calmo, e imperturbabile desiderio di vivere, era la serenità) essi cercavano di essere delle «buone cose».

Gli Stoici vogliono realizzare l’ideale della saggezza nella vita, essere degli uomini che sanno vivere. Questo ideale lo trovano nel disprezzo del mondo, in una vita immobile, e stagnante, isolata, e nuda, senza espansione, senza rapporti cordiali con il mondo. Lo stoico vive, ma è solo a vivere: per lui tutto il resto è morto. Al contrario, gli Epicurei domandavano una vita attiva.

Gli antichi, volendo essere delle «buone cose», aspiravano al vivere bene (specialmente gli Ebrei, i quali desiderano vivere lungamente, rallegrati da numerosi figli, e coperti di ricchezze), all’Eudaimonia, il benessere sotto tutte le sue forme. Democrito, per esempio, inneggia alla pace del cuore di colui «che trascorre i suoi giorni nella tranquillità, lontano dalle agitazioni, e dai timori».

LAntko pensa dunque di attraversare la vita tranquillamente, senza preoccupazioni, cercando di evitare la cattiva sorte, e i casi del mondo, essendo del parere che la tranquillità è la miglior compagna della vita. Siccome però egli non può staccarsi dal mondo, poichè ogni sua attività è occupata nello sforzo che fa per staccarsene, deve limitarsi a respingerlo; ma il suo disprezzo non lo distrugge. Così egli non può raggiungere tutt’al più che un alto grado di liberazione; e perciò lo sì può distinguere dagli altri meno liberi, essendo che tra questi, e l’Antico v’è solo una differenza di grado. Anche quando potesse giungere a spegnere in se stesso il resto di sensibilità delle cose terrestri, che tradisce ancora il monotono sussurramento della parola «Brahma», nulla Io distinguerebbe essenzialmente dall’uomo sensuale, dall’uomo della carne.

Lo stoicismo, la virtù virile stessa, non ànno altra ragion d’essere che la necessità di affermarsi, e di sostenersi verso, e contro il mondo; l’etica degli