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re con una sorpresa e con infinito giubilo da un’altra voce nota:

— Sotto la macchina, Noris! sotto la macchinai Bravo!

Il trionfo completo, dunque!

Alzò gli occhi e incontrò, fra cento visi ignoti intenti al suo, sorti intorno come in una visione di sogno, il volto noto di uno dei suoi meccanici illuminato da una espressione di felicità orgogliosa.

Ebbe la sensazione di rispondere a quel sorriso con un altro sorriso, poi non avvertì più nulla, non gli applausi formidabili, non le note squillanti della fanfara del villaggio che lo salutava trionfatore, non le cento mani protese verso le sue ancora contratte sul manubrio, non le infinite domande, le sollecitazioni, le proteste.

La reazione avveniva rapida: come una cappa di piombo buttatagli sulle spalle e sul capo a tradimento, la stanchezza lo aggrediva, lo prostrava, lo annientava.

Egli non seppe mai ricordare, poi, come fosse sceso dalla macchina e dove lo avessero trascinato le cento e cento braccia che si erano impadronite del suo povero corpo intirizzito e disfatto.

La sua energia lo aveva sorretto fino alla conquista e alla constatazione della vittoria: oltre, aveva ripreso i suoi diritti la fragilità della materia.


V.


Un richiamo sommesso e monotono di campane destò completamente Ettore Noris. Come era stato l’ultimo a spegnersi fra i suoi sensi sopraffatti dall’esaurimento di ogni energia, l’udito fu il primo a ridestarsi. Egli rimase ancora un istante raccolto ad ascoltare quella voce suscitatrice di nostalgie, mentre a poco a poco anche la coscienza andava ridestandosi.