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— Una cosa interessante, senza dubbio.

Adesso, ostentando di non guardare verso il campo dove Noris, già pronto, provava il motore, ella ascoltava con un sorriso assente i commenti delle sue giovani amiche.

Anna Gaudio, la ricchissima, osservava meravigliata:

— Ma è vero che è un bellissimo ragazzo: peccato che faccia l’aviatore!

— Che vuol dire? — replicava convinta e autoritaria Elsa Marlitt, la pallidissima e intelligentissima figlia del banchiere tedesco, — quando un uomo raggiunge in quello che fa l’eccellenza che Noris ha raggiunto non fa più parte del gregge, è qualcosa ed è qualcuno.

— Ha ragione, — approvarono parecchie.

Il concetto di Kindler che però Kindler non aveva saputo esprimere così bene.

Susanna che aveva un grande rispetto per l’intelligenza della sua amica le domandò:

— Tu credi così?

— Ma sicuro!

— Allora, anche un bravo chauffeur....

— Certamente. Non ve ne sono dei famosi? di quelli che si sono illustrati in certe corse vertiginose così da assurgere all’entità di esseri fantastici? Qui siamo in un campo superiore esteticamente e anche il valore dell’individuo s’accresce qui per la gravità maggiore e costante del pericolo.

— Non so, — replicò Susanna, — io non apprezzo che l’intellettualità.

— Vuoi dire, credo, le affermazioni che rientrano nel dominio diretto dell’intelligenza, che ne sono espressioni immediate.

— Certamente.

— Credo che tu abbia torto. Può darsi che alla tua natura di cerebrale siano più affini gli uomini di pensiero che non quelli d’azione: non è una ragione per coinvolgere tutti questi ultimi in un assoluto disprezzo.

La voce acuta, concitata di Nadina interruppe le due amiche.