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sfida, lasciava trasparire netta la linea del suo profilo da medaglia romana alterato appena dalla sinuosità della bocca tumida che l’irrequietudine interna ora tormentava con un lievissimo moto convulso percettibile appena. Era bella, Minerva Fabbri, e non era la statua che tutti avevano sempre creduta.

Forse, Ettore Noris si accorgeva per la prima volta della sua bellezza appunto perchè per la prima volta quella bellezza gli appariva materiata d’anima e plasmata di femminilità. O forse erano soltanto le confidenze e i progetti dell’amico e collaboratore che avevano rivolto la sua attenzione all’osservazione e allo studio della fanciulla. Certo, per la prima volta egli la vedeva sotto un aspetto diverso da quello attraverso il quale l’aveva sempre considerata: un collega in sottana. E ricercava la ragione della sua diversa impressione guardandola silenziosa e accigliata, intenta a guidare la macchina con una manovra a scatti che rifletteva la sua nervosità e che aveva per effetto di far procedere la vettura a sbalzi e sussulti.

— Siete ancora inquieta? — si arrischiò a chiederle Ettore Noris con la sua voce più dolce.

— Non sono inquieta: sono esasperata.

— Ma perchè?

— Vorrei sapere che cosa vi ha detto la moglie di Lorenzo Rolla.

— Non una parola che possa menomamente toccarvi. Dovete crederlo anche perchè sapete che non glielo avrei permesso.

— E allora? che cosa è venuta a fare da voi?

— A pregarmi di far ottenere a suo marito qualche incarico che lo allontani da Genova. Le ho chiesto, naturalmente, il perchè di questo suo desiderio ed ella m’ha detto che teme che Rolla sia innamorato di voi.

— Questo solo?

— Questo solo.

— Perchè non mi avete detto subito tutto?

— Perchè mi avete investito così che non me ne avete lasciato il tempo. Non mi ero mai ac-