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Una luce di gaudio brillò negli occhi della fanciulla.

— Ah come siete buono! Restate, sì, restate! io sento che la morte non mi potrà prendere fintanto che voi starete qui.

Adesso, il viso della fanciulla pareva davvero trasformato. La gioia e la febbre vi accendevano una fiamma che faceva incarnate le gote, lucenti gli occhi e vivi, rosse e frementi le labbra. Un raggio dell’antica bellezza, resa ancora più profonda, più commovente, più suggestiva da una luce interiore di spiritualità e di sofferenza, riappariva nell’agonizzante.

Noris lo constatò e gli disse:

— Se vedeste come siete bella in questo momento, Susanna!

Una commozione più viva palpitò negli occhi della fanciulla. Era la prima volta che Ettore Noris mostrava di accorgersi della sua persona.

— Avrei voluto — ella disse — essere tanto bella da prendervi il cuore, lo posso dirvelo, vero, Ettore? tutto io posso dirvi ormai.... Come vorrei piacervi in questi giorni! vorrei restare nella vostra memoria come sono adesso nei vostri occhi. E che mi ritrovaste, chiudendo gli occhi, viva viva nel vostro pensiero.... Dio, Dio, se ciò fosse!

L’esaltazione febbrile che era nelle sue vene passava adesso nelle sue parole. Noris se ne avvide e comprese anche il pericolo che poteva esistere in una reazione di quella febbre. Risolvette di secondarla, di compiere sino in fondo la sua opera di pietà.

— Voi ci sarete così, Susanna, nel mio pensiero, così....

— Come l’altra, vero? dite: accanto all’altra, sempre?

— Sì....

La pietà ancora strappò la bugia doverosa alle labbra del giovine. Ma la sua fronte si era fatta corrusca sotto l’impressione dell’evocazione improvvisa. No, no! come l’altra, no! perchè la pietà non poteva essere l’amore e la diletta che