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Certo, è molto intelligente e coltissima anche. Parla sei lingue, ha fatto l’Università, s’intende di tutto, fa un po’ di tutto. È stata in aereoplano, in pallone libero e in dirigibile: ha salito il Cervino e il Monte Bianco: ha fatto a nuoto il lago di Garda per una scommessa: tira di fioretto come un maestro di scherma e punta alla rivoltella senza sbagliare un bersaglio. Un tipo, ti dico.

— Me ne accorgo. E capisco anche che sarebbe assai difficile pretendere di scoprire un’anima dentro un simile groviglio di stranezze.

— Chissà. Io ho preferito fermarmi alla superficie.

— Ah!

— No! non volevo dire quello. E non voglio che tu lo creda. Sarebbe una calunnia. La condotta di Pallade Atena è limpida come un cristallo.

Noris sorrise.

— Non ci credi?

— Non ho il diritto di non credere. Il tuo termine di confronto soltanto mi fa sorridere.

— Perchè?

— Perchè è un po’ eccessivo paragonare a un cristallo terso una fanciulla che va attorno in compagnia di canzonettiste e di giovanotti e che passa l’ultima notte dell’anno ad ubbriacarsi di champagne in un sbottino particolare d’un ridotto allegro.

— Hai ragione. Le apparenze sono tutte contro di lei, eppure io giurerei che nessun uomo ha mai nemmeno sfiorato le sue labbra.

Un’ombra passò fugace — come un turbamento improvviso — sul viso di Noris.

— Se tu fossi stato con noi, — proseguì Paolo Adelio, — non dubiteresti della mia convinzione. Il contegno della Fabbri, durante tutte le nostre follie è stato quello di una perfetta assente. Mica che inalberasse delle arie austere o disapprovatrici. Guardava anzi fare, ascoltava, sorrideva se qualche cosa meritava un sorriso, ma per sè non si è concessa mai nulla oltre l’ebbrezza di una sigaretta.