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Spinoza parla di queste idee comuni, come se fossero indeterminatamente molte (prop. 38, coroll.): ma in realtà si riducono alle idee di Dio e dei suoi attributi. Anche qui Spinoza, fedele al suo parallelismo, vede anzitutto queste idee comuni sotto il loro aspetto fisico; se vi sono idee comuni a tutte le idee delle essenze singole, vi devono essere realtà fisiche comuni a tutti gli esseri fisici particolari: sono queste realtà fisiche universali che, sotto l’aspetto spirituale, costituiscono le idee universali (prop. 39). Queste idee universali sono le vere idee innate, notiones communes: esse sono idee di entità universali sì, ma individuali e concrete e perciò sono ben da distinguersi dalle idee generali, astratte (le notiones secundæ), le quali non sono che rappresentazioni generiche confuse.
Questi termini [i termini cosidetti trascendentali della scolastica, come essere, cosa, qualche cosa, ecc.] nascono da ciò che il corpo umano, essendo limitato, è capace di formare distintamente in se stesso solo un certo numero d’immagini ad un tempo: se questo numero è sorpassato, queste immagini cominciano a confondersi; e se il numero delle immagini distinte che il corpo è capace di formare in se stesso ad un tempo, è sorpassato di gran lunga, esse si confondono intieramente fra loro. Così essendo, è evidente che la mente umana potrà immaginare distintamente ad un tempo tanti corpi quante sono le immagini che possono simultaneamente formarsi nel suo corpo. Ma appena le immagini nel corpo si confondono del tutto, anche la mente immaginerà senza distinzione tutti i corpi confusamente e li abbraccerà in certo modo sotto un unico predicato, dell’ente, della cosa, ecc. Questo può anche derivare da ciò che