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Siccome l’anima ci rappresenta il corpo corrispondente non in sè, come è nella realtà assoluta, ma solo come è nell’esperienza finita, nei suoi rapporti causali accidentali con gli altri corpi, dai quali la sua esistenza è determinata, così non si può dire che essa conosca il corpo nella sua intrinseca natura, ma soltanto nelle sue affezioni; nelle quali, come sappiamo, concorre non solo la natura del corpo che ne è il soggetto, ma anche quella dei corpi agenti su di esso (prop. 19).
2) Le prop. 20-23 ci dànno la teoria dell’idea mentis: teoria necessaria a Spinoza per spiegare la coscienza riflessa. Ogni modo ha un lato reale ed un lato ideale; ma questo, in quanto è anch’esso un che di reale, deve avere il suo lato ideale, la cogitatio della cogitatio. Vale a dire l’idea deve essere la coscienza dell’affezione corporea e di se stessa (idea mentis): l’idea mentis non è che la mens in quanto ha coscienza di sè: «mentis idea et ipsa mens una eademque est res» (prop. 20-22). Nella prop. 23 Spinoza stabilisce per la mens ciò che ha detto sopra (prop. 19) rispetto al corpo. Anche la idea mentis, in quanto è la coscienza che la mente ha di se stessa e in quanto la mente non coglie la natura del corpo se non nelle sue affezioni, non è una vera e propria coscienza che la mente abbia della sua natura, ma è soltanto la coscienza delle sue proprie affezioni.