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sanno trovare molti argomenti per mostrare che la linea non può essere divisa all’infinito. Ed in effetto tanto è assurdo il supporre che la sostanza corporea sia costituita di corpi, ossia di parti, quanto il supporre che il solido sia composto di superficie, la superficie di linee, la linea di punti. (Et., I, 15, scol.).
3) L’infinita realtà della sostanza divina si esplica necessariamente in una produzione infinita: essa è come una ragione eterna, che contiene e svolge eternamente da sè tutte le infinite realtà particolari, come conseguenze infinite che un intelletto infinito potrebbe derivarne. Abbiamo veduto essere uno dei principii capitali della filosofia di Spinoza l’identità della ragione e della causa (v. def. 5): dall’essere divino le infinite realtà derivano eternamente come altrettante conseguenze da un principio e nello stesso tempo come altrettanti prodotti reali dalla loro causa efficiente. Questa identificazione della produzione reale con la deduzione logica è possibile in Spinoza in quanto anche la produzione reale da parte di Dio non è una produzione nel tempo: è un procedere eterno, nel quale l’effetto e la causa sono simultanei. Il tempo, come si vedrà, è solo un modus cogitandi seu potius imaginandi (lett. 12), vale a dire una creazione del nostro senso imperfetto.
Prop. 16. Dalla necessità della natura divina debbono discendere infinite cose in infinite maniere (cioè tutte quelle cose che può pensare un intelletto infinito).
4) Dio agisce per la necessità dell’essere suo, non per una necessità forzata: quindi Dio (e Dio solo) è causa libera (prop. 17). Qui Spinoza applica a Dio ciò che della libertà si è detto nella definizione settima. Questa identificazione della libertà divina con la necessità della sua natura sembra (a torto) condurre ad una specie di fatalismo intelligibile: ed è per reagire contro questa concezione, che sembra ridurre l’attività divina ad una specie di necessità cieca di natura, che si suole attribuire a Dio anche una specie di libertà