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resto in un rapporto causale. «(Hinc clare constat)... quod rerum quœ nihil commune habent inter se, una alterius esse causa non potest» (Ep. 4).
Ass. 6. L’idea vera deve convenire col suo ideato.
In un assioma Spinoza riassume la sua teoria della conoscenza. Il sistema della universa realtà è, come sappiamo, una duplice concatenazione: da una parte una concatenazione di realtà estese che sono nella sostanza (come estensione): dall’altra una concatenazione di pensieri che sono nella sostanza (come pensiero). Il nostro pensiero (che non è se non un complesso di modi del pensiero, facente parte di questa seconda concatenazione) è vero quando coincide con la perfetta concatenazione dei pensieri, così come è nella realtà assoluta, in Dio; perciò corrisponde perfettamente allora alla concatenazione parallela degli esseri (estesi) in Dio. L’ignoranza e l’errore (con tutte le loro conseguenze pratiche, le passioni) nascono nell’uomo quando il suo pensiero non coincide più con il sistema dei pensieri divini, ma costituisce una serie mutila e confusa: allora esso non corrisponde nemmeno più al sistema degli esseri, degli ideati, così come esso veramente è, cioè come è in Dio.
Ass. 7. Di tutto ciò, che può essere concepito come non esistente, l’essenza non involge l’esistenza.
Qui Spinoza definisce, in contrapposizione alla sostanza, la cui essenza implica l’esistenza, l’essere finito (modo), che è limitato sempre da altro, determinato nell’essere e nell’agire da altro e che perciò, preso in sè, può essere indifferentemente concepito come esistente e come non esistente. Ciò che ha questo carattere non è essere vero (sostanza): perchè alla natura dell’essere vero appartiene l’esistere necessariamente ed eternamente.