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nell’ingranaggio 189

un’ora fa, sentii il campanello elettrico che dà nella camera di Marco, che è la più vicina alla mia, e poi subito Marco levarsi e correre in camera del padrone. Lo trovò in terra accanto al letto, per miracolo, sentendosi venir male, aveva avuto la presenza di spirito di toccare il campanello. Marco torno a suonare perchè s’accorresse anche noi. Un momento dopo eravamo tutti in piedi.

Marco scappò giù e per fortuna trovò subito una vettura, colla quale andò a prendere il medico.

Dopo dieci minuti il dottore era qui. Non so come abbiano fatto tanto presto!

— Vorrei vederlo! — sospirò Gilda, dopo un momento di silenzio.

— Non sarà difficile — disse la cameriera. — Deve sapere che appena rinvenuto — ero là io — appena aperti gli occhi e vista la sua signora che gli s’era messa accanto, lui fece un grande sforzo per sollevarsi, e voltato verso di lei gridò: Via! via, tu!... poi ricadde sul guanciale e ebbe un attacco terribile: pareva pazzo furioso. Il medico pregò la signora di allontanarsi, mentre spiegava, abbastanza forte, perchè noi altri si sentisse, che queste malattie complicate, col disordine del sistema nervoso, producono spesso dei fenomeni strani.

Altro che fenomeni! povero il mio padrone! Ha voluto soffocarsi per non fare scandali: ha voluto essere superiore come se non si fosse tutti di carne... E ora lo sconta.

— Basta, Dio voglia, che non ci rimetta la vita!...