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di porcellana con un sospiro. — Ma troppa paura del cane.
— Doveva venire?
— Non so. Io l’aspetto sempre.
— Lo ami ancora?
— Lo odio. Ma quando passo un certo tempo senza vederlo, sono inquieta. Ho paura.
— T’inganni. Gli vuoi bene.
— Credi?
— Ne sono sicura.
Allora com’è che certe volte vorrei strozzarlo?
Emma sorrise e stava per rispondere, allorchè un fischio partì dal fondo del viale.
— Ah! È qui!
Il cane balzò come sferzato, poi tornò indietro, e continuò il verso, facendo alcuni passi nella direzione da dove era partito il fischio, poi ritornando sotto alla finestra, con un mugolìo minaccioso.
— Alla cuccia! Alla cuccia!
Uff! Egli non dava retta. Fiutava il nemico.
L’uomo intanto veniva avanti timidamente. Nini mandò un debole fischio per incoraggiarlo.
Hector lo prese per un incitamento a lui diretto e si slanciò furente incontro al disgraziato visitatore, che subito retrocesse correndo alla disperata.
Tutti i cani abbaiavano adesso. Nei carrozzoni vicini gli uomini si svegliavano, guardavano fuori.
Ninì rinchiuse la piccola persiana.