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vista di Paolo in mezzo alle due donne, veramente splendide nei loro abiti di cascimir bianco, con un mazzetto di rose, per solo ornamento, nelle trine del jabot.
— Com’è felice! — pensò.
E tornò a chinarsi sul lavoro, perchè sentiva i suoi poveri occhi empirsi di lagrime.
Il signor Mandelli si affrettò a cedere il suo posto alla moglie e con quel fare un po’ ironico che gli era abituale:
— Liberami almeno! — mormorò. — Ecco le carte.
— A che punto siamo? — chiese la signora sorridendo.
— Fatti spiegare da loro; io non ne so nulla.
Risero tutti in coro.
Egli andò dritto alla sala del pianoforte e passando davanti a Emma la chiamò.
— Vieni a voltarmi i fogli. Ho della musica nuova.
Emma si alzò, depose il telaio, e chiuse in una cassetta i gomitoli delle lane e delle sete.
— Ora non finirà più di suonare le sue firlunfère! — brontolò la più stizzosa delle due vecchie, gialla e tonda come un popone. — Non c’è mai verso di fare una partita come si deve, in questa benedetta casa!
Cleofe sorrise.
— Ci vuol pazienza, cara zia. Egli non vive che per la sua musica.