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attorno alla vita e la serrò un poco, come per dimostrarle la sua gratitudine. Poi si abbandonò tutta al sentimento che la trasportava.
— Forse è già all’ufficio! — esclamò.
— Oh, no. Sono appena le dieci. Passerà a momenti. Ma... perdona sai, cara... Vuoi aspettarlo qui?... Mi pare che...
— O Emma!... O Emma! Non farmi le prediche, ti prego! Taci... taci! Non hai capito che per me si tratta di vita o di morte?...
Il rossore della commozione e della collera tornò a colorirle il viso, come una vampata; gli occhi, di solito molto chiari, le si oscurarono improvvisamente e mandarono un lampo.
Poi, d’un tratto, impallidì. Aveva scorto il giovine per cui era venuta fin là.
— Eccolo! — mormorò. — È uscito adesso di casa... E m’ha vista. Che occhi!... Dio, Dio! è capace di non andare all’ufficio. Emma, sii buonina, non mi lasciare. Non guardare attorno. Sostienimi. Mi mancano le forze...
— Non sarebbe meglio entrare un momento dalla Teresa? Egli ci passerebbe davanti lo stesso.
— No, non mi sento. Dovrei far delle chiacchiere con quella pettegola; fingermi tranquilla... Non posso.
— Entriamo almeno sotto il portone. C’è tanta gente curiosa sulla piazza.
Annetta si lasciò condurre, per compiacenza, dentro il portone, brontolando stizzita: