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CAPITOLO QUINTO.
Ove si dimostra come l'uomo non si dee gloriare delle cose dette di sopra.
La quinta cosa che séguita ora di dire della vanagloria, si è come delle cose sopraddette, le quali sono cagione e inducono a vanagloria, altri non si dee gloriare: e questo mostreremo prima in genere di tutte; e poi, di molte di quelle, spezialmente di ciascuna. Non si dee l’uomo gloriare de’ beni dell’anima, i quali liberalmente,1 e non per nostro merito, Iddio ci largisce e dona; come sono le grazie e le virtù, delle quali si dee riferire loda e gloria al datore, e non a colui che le riceve. E ciò mostra san Paolo in quella parola2 detta di sopra, e anche si convien dire: Quid habes quod non accepisti? et si accepisti, quid gloriaris quasi non acceperis? Che ha’ tu, o uomo, che tu non l’abbi ricevuto? e se l’hai ricevuto, perché ti glorii come se tu non l’avessi ricevuto, anzi3 l’avessi da te medesimo? Sopra la qual parola dice san Bernardo: A Dio solo l’onore e la gloria: Come vuo’ tu, uomo, la gloria della vittoria, che non fosti alla battaglia? Isvergognato se’, se vuoi la gloria sanza la vittoria, e se ti vuoi attribuire la vittoria sanza la battaglia. E poi aggiugne: Se tu hai santità di vita,4 ricórdati che lo Spirito Santo è quegli che santifica e vivifica. Se hai grazia di parlare bene la sana dottrina, non dimenticare quello che la verità dice: Non sete voi quegli che parlate, ma lo Spirito Santo. Se fai miracoli, virtù è divina. E simile dice di molte altre cose che Dio adopera egli in noi e per noi; chè noi non possiamo da noi né sappiamo adoperare lo bene, anzi ne siamo guastatori. E poi conchiude: Se gloria o favore di loda per qualunche bene che