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distinzione quinta. - cap. iii. 109

tornando dopo la confessione, non gli riconoscea; anzi dicea: – A costoro non dich’io altro che pro e onore. – E dêsi intendere quello ch’è detto della virtù della confessione, quando la confessione si fa ligittimamente, come si conviene, con contrizione e con proponimento di non far più il peccato: altrimenti non vale. E di ciò se ne trova un bello essemplo.

Leggesi che in Bramante, secondo che scrive Cesario, fu uno indemoniato, il quale rimproverava a chiunch’egli vedea i peccati commessi, non confessati. Uno uomo che disiderava d’udirlo e vederlo, ma temeva il rimprovero de’ peccati, andò, innanzi ch’ e’ venisse, al luogo dov’egli era, e confessòssi di tutti i suoi peccati, non avendo contrizione, né ponendosi in quore di rimanersene. E così confessato, venne alla presenza dello indemoniato; il quale vedendolo la lungi, gridò lo ’ndemoniato:1 – Ben ne venga l’amico mio; certo molto ti se’ bene lavato e imbucatato: – e con queste parole gli cominciò a dire villania, e rimproverargli molti suoi peccati, de’ quali l’uomo ebbe grande vergogna e confusione. E partendosi tristo e doloroso, venne al confessoro suo, e disse quello che gli era intervenuto. E domandando il prete quello che potesse essere la cagione, da lui medesimo seppe come la sua confessione non era stata valevole. E di consiglio del confessoro, riconfessando tutti i suoi peccati con dolore e contrizione, tornò allo ’ndemoniato, il quale non gli dicea nulla. E dicendo uno di coloro ch’erano d’intorno allo ’ndemoniato: – Ecco l’amico tuo, al quale dicesti dianzi tanta villania con molti rimproveri; rispose lo ’ndemoniato e disse: – A costui non diss’io mai nulla, né so di lui altro che tutto bene. – Per la qual cosa coloro che l’udivano e prima l’aveano udito, stimarono che ’l diavolo nelle prime parole avesse mentito. E così, per la virtù della confessione, l’uomo prima vituperato ricoverò la fama sua.

  1. Il Salviati, coi più antichi editori: gridò lo (il) demonio e disse (dixe.)
passavanti. 10