Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/93

   68 libro secondo

ginesi non soprastettero a ritrarsi nel porto di Locri. I quali entrati nella città non tollerarono che le fosse dato il sacco come i Bruttii desideravano, e la mantennero nello stato anteriore. I Bruttii, cacciati dalla rabbia che non avevano potuto slogare nè in Reggio, nè in Locri, rovesciaronsi impetuosi sopra Crotone, senza che i loro alleati Cartaginesi ne avessero avuto alcun avviso o intelligenza. Conoscevano i Bruttii che Crotone era allora miseramente lacerata da guerre intestine, per la divisione de’ cittadini, de’ quali i patrizii ed il Senato erano parziali de’ Romani, mentre il popolo s’infervorava a’ Cartaginesi. E queste deplorabili scissure avevano a que’ tempi, quasi morbo pestifero, invase tutte le città dell’Italia. Crotone adunque fu data a’ Bruttii dal popolo, ma resistette la rocca, dove si erano ristretti gli ottimati. I quali quando non potettero più oltre durare all’assalto de’ Bruttii, impetrarono da Annone di poter uscirsi della rocca colle loro famiglie, e ritirarsi in Locri. Non vollero patire i nobili Crotoniati di restar sotto ai Bruttii, co’ quali non avevano mai accomunato nè lingua, nè leggi, nè usanze.

VII. In questo essere di cose Bomilcare venuto da Cartagine approdava a Locri, ove sbarcando un buon rinforzo di fresche milizie, le congiungeva speditamente a quelle di Annone; il quale a tutta corsa faceva marciarle per Nola a porger ajuto ad Annibale ch’era fieramente investito da Marcello. Ma i Romani vinsero in questo cimento: e la stella di Annibale, che gli aveva così splendidamente precorso il cammino della vittoria da Sagunto a Canne, cominciò ad ecclissarsi. Dopo ciò il duce cartaginese andava a porre le stanze di inverno in Apulia: ed Annone forte tuttavia di diciassette mila uomini, la più parte Lucani e Bruttii, retrocedeva per altro verso. Ma affrontato presso Benevento da Tiberio Gracco, n’uscì al tutto sconfitto.

Erano a questo le cose d’Italia quando la Sicilia travagliavano gravissime perturbazioni (An. di R. 539, av. Cr. 215). In Siracusa era morto Gerone, e succedevagli il figliuolo Geronimo, che dimostravasi avverso a’ Romani, e si stringeva in lega coi Cartaginesi. Tutta la Sicilia aveva umore di ribellarsi a’ Romani, e Geronimo metteva legna all’incendio ch’era vicino di scoppiare. I Romani a prevenir la tempesta già assai propinqua, vi spedirono Marcello con poderose forze. Geronimo intanto era espulso da Siracusa, e questa premuta dalla nuova tirannide d’Ippocrate ed Epicide. Ma Marcello, rotto ogn’indugio, vi si approssimava a gran giornate, e metteva l’assedio alla città. Dall’altra parte il cartaginese Imilcone approdava in Sicilia con esercito numeroso; ed una nuova armata condotta da