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   64 libro secondo

navano gli altri mal reggere il paragone; i Campani, i quali componevano una legione romana, non essere stati che ribelli, sottrattisi colla forza all’ubbidienza di Roma, ed aver occupata Reggio colla rovina e persecuzione de’ suoi cittadini. Non esser tali i Mamertini, che mercenarii già di Dionisio, erano da Siracusa passati a Messena, ed accolti dagli abitanti senza ripugnanza e contesa. In così opposte opinioni il Senato fermò negarsi il domandato ajuto; decretò il popolo che fosse tosto accordato.

Fu dato il carico dell’impresa al tribuno Appio Claudio, il quale imbarcate le legioni sopra navi somministrate in gran parte dalle città socie, si diresse per Messena; ma il navilio romano affrontato dall’armata cartaginese fu parte disperso, parte preso. Annone per mostrarsi generoso, rimandò al tribuno le navi predate; ma insieme dolendosi dei violati patti, dichiarò che Cartagine non patirebbe mai che Roma s’impadronisse di Messena, e dominasse lo stretto. Intanto i Siracusani ed i Cartaginesi campeggiavano a tutto lor potere la detta città, travagliandosi di conseguirla prima che i Romani. Così Messena divenne il pomo della discordia tra le due potenti repubbliche, e diede cagione ed origine alla prima guerra punica.

Mentre così maneggiavansi le cose, Appio Claudio fatto console aveva già messo in ordine un poderoso esercito, e precipitando ogni indugio, si avviava per Reggio: dov’era già in punto un’armata, a cui, giusta i patti della federazione, anche i Reggini avevano fornito il loro contingente. Da Reggio Appio Claudio mandò esortando Gerone ed i Cartaginesi che avessero a rimuoversi dall’assedio di Messena, se non volevano pigliar briga con Roma; e fece sapere particolarmente a Gerone che la guerra non contro di lui, ma contro i Cartaginesi era ordinata. Ed in quel subito, senza dar loro tempo di fargli risposta, Appio Claudio traghettato a corsa lo stretto, fu loro addosso quando meno se l’aspettavano, e mise le legioni romane dentro la città (An. di R. 490, av. Cr. 264). Gerone, quando appena vide il console passato in Messena così di bello e senza contrasto, tenendo che ciò fosse avvenuto per qualche mal giuoco de’ Cartaginesi, ritrasse le sue schiere sul territorio siracusano, e poi appiccata pratica co’ Romani conchiuse con loro una tregua di venticinque anni. Or dunque il pondo della guerra rimaneva tutto tra Roma e Cartagine. IV. Le due repubbliche che, nimicatesi a morte, avevano capriccio di conquistare la nobile ed ambita città de’ Mamertini, si percossero in concitati combattimenti; ma da ultimo i Cartaginesi andarono col peggio, ed i Romani vittoriosi inalberarono il loro vessillo sulla