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capo sesto 47   

pende opere di Timoleone in Sicilia contro i tirannelli, che conculcandola la squartavano e spolpavano, dirò solo che mediante il suo fermo, indefesso e coraggioso concorso Dionisio e Leptine dovettero prender l’esilio nel Peloponneso; uscir Mamerco da Catana, Ippone da Messena. Ed Iceta, disceso agli accordi, si collegò con Timoleone contro i Cartaginesi, a’ quali fecero aspra guerra, e li costrinsero in ultimo a spedir commissarii per trattar la pace. Della quale furono principali condizioni che il fiume Lico fosse il confine de’ possedimenti loro e de’ Siracusani; che lasciassero vivere in libertà tutti i Sicilioti; e che in avvenire non fossero mai per dare ajuto a chiunque aspirasse a tiranneggiare la patria. E Timoleone, avvertendo alle comuni libertà, compose le città di Sicilia a temperato reggimento popolare, spazzandone que’ tanti despoti che per lo innanzi le travagliavano; rifece le città greche distrutte da’ Barbari, e ripose nell’antico stato le repubbliche della Magna Grecia, e massime Reggio, che tanto aveva favoreggiato l’impresa di liberar la Sicilia. Le assicurò in oltre che nè egli nè altri, lui vivente, avrebbe attentato a menomare la loro indipendenza. E sotto la sua potente protezione disparvero dapertutto in Siracusa ed altrove le sanguinose orme della tirannide, le scienze e le arti fiorirono, il commercio vivificò lo scambio delle ricchezze nazionali, ed una pace durabile protesse e consolidò ne’ popoli la loro grandezza e prosperità. A’ Tirreni, che correvano per que’ mari recando gravissimi danni a’ trafficanti, fece guerra implacabile, e venutogli fatto di riscontrarsi in dodici navi di quella gente, capitanati da Postumio, tolse a costui la vita, e quelle navi sfondò.

Delle quali cose tutte le più popolose ed illustri città di Sicilia e della Magna Grecia rendevano merito a Timoleone liberatore. Il quale venuto al termine della sua gloriosa vita, (Olimp. 111, 2. av. Cr. 335.) dopo essersi per otto anni affaticato ad assodare alla Sicilia lo stato libero, non è a dire quanto desiderio di sè abbia lasciato non pur ne’ Siracusani e negli altri Sicilioti, ma altresì negl’Italioti, e soprattutto ne’ Reggini. Imperciocchè la loro libertà era stata da lui raffermata quando non erano usciti che da poco tempo dalla tirannide di Dionisio il giovine.

III. La Repubblica Reggina rifatta libera ritornò alla primiera floridità, e tale proseguitò sino a’ tempi di Agatocle. E contuttochè la sua storia da Timoleone ad Agatocle ci sia oscura, nondimeno è da presumere che allora, al pari delle altre repubbliche, abbia gioita una lunga pace e fruttifera di ogni maniera di civiltà. Imperciocchè ebbe uomini egregi e nelle lettere e nelle arti, e conseguirono fama