Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/63

   38 libro primo

sa, intese a perseguitare i Pitagorici, tra i quali era allora egregio il reggino Teeteto, che dettò varie leggi alla patria. Sapeva il tiranno che questi filosofi, predicando l’unione fra gl’Italioti, davano impaccio a’ suoi proponimenti, ed a quella tendenza oclocratica, che egli ed i suoi alleati Lucani avevano innestata negli ordini governativi. Nè gli usciva di mente che pitagorico era stato Pitone, il quale aveva così eroicamente propugnata la libertà de’ Reggini. Suscitò per questo contro i seguaci della scuola italica, che quasi in tutte le città tenevano i primi gradi dello stato, violenti tumulti; e massime infierì contro Eufemo, ch’era uno dei più risentiti, e principava il sinedrio di Metaponto. E se non lo avessero distratto le tribolazioni che i Cartaginesi tornavano a dargli continue in Sicilia, ed obbligavanlo a tenervi per difesa grosse schiere di armati, Dionisio avrebbe tuttaquanta signoreggiata la Magna Grecia.

Non neglesse però di promuovere varie pubbliche opere nelle contrade da lui dominate, e si conta che avesse disegnato di tagliar l’istmo da Terina a Scillacco, a far che il Tirreno comunicasse coll’Ionio. Ma in sul meglio de’ suoi sanguinosi trionfi, e de’ suoi tripudii domestici, gli si affacciò, non aspettata, la morte. Essendo stato egli proclamato vincitore nelle feste Lenee in Atene, per una sua tragedia (la Litra di Ettore), che vi aveva fatto rappresentare, come n’ebbe il grato annunzio, rese merito agli Dei dell’ottenuto successo, e fatto sagrifizio, ordinò grande e lautissimo banchetto. Ove, mentre ch’egli tra la corona de’ suoi cortigiani crapulava senza misura, fu preso da indigestione così fatta, che infermatosi, indi ne morì. (Olimp. 103, av. Cr. 368.). Era durata la sua tirannide in Siracusa trentotto anni, e diciannove in Reggio.

III. Morto Dionisio, scadde lo stato ad un suo figliuolo dello stesso nome, natogli dalla locresce Doride. Il quale poco pratico vedendosi nelle fastidiose faccende del governo, ne accollò il carico a’ suoi confidenti, e si dimostrò voglioso di un viver tranquillo e disoccupato. Sicchè quantunque avesse dovuto tenere come ereditaria la guerra co’ Cartaginesi per cacciarli di Sicilia, preferì di venire a conchiusione di pace. Lasciandosi correre a vita molle ed effeminata, cominciò da trascurare la disciplina delle milizie; e comechè fosse signore di uno stato, che avea fondamento, come diceva il vecchio Dionisio, sull’adamante, perdette in breve tratto tutto quanto aveva quegli conquistato con tanta astuzia, forza e perseveranza. Di che giovaronsi i Sicilioti e gl’Italioti, a’ quali chiaro appariva che il giovine Dionisio, nulla ritraendo dalla vigorosa e proterva indole del padre, il vinceva però ne’ vizii. Laonde si diedero a congiurare