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   218 libro quinto


Fu anche preveduto che se per qualche causa fortuita la città di Reggio non potesse pagar la somma sopradetta, e la Corte, per farsela pagare, vedesse la necessità di gravar nuove tasse a carico della città, e della Motta pignorata, in tal caso restasse all’università il diritto di poter tassare anche i Chierici ed i Giudei ed obbligarli a contribuirvi.

Questo contratto fu, giusta la consuetudine di quel tempo, rogato davanti la porta maggiore della Cattedrale, ed assistito e sottoscritto da Fra Domenico Vescovo di Mileto, Roberto de Mirabello, Maso de Sinopolo, Galiotto Barilla, Riccardo Cacumada, Bonifazio Morello, Giudice Nicolò de Malgeri, Roberto Brancati, e Marco Illio; ed ebbe senza indugio la ratificazione sovrana.

Concesse altresì Alfonso a’ Reggini che potessero far contrattazioni di compra e vendita nel vicino regno di Sicilia, e trarre da quivi per loro uso ferro, frumento, legna, cuojame, panni, carni, vini, animali e qualunque altra cosa loro necessaria, con totale immunità ed esenzione di qualunque diritto di dogana, di portolanìa, di ancoraggio, e di ogni altro regio dazio ordinario o straordinario.

VI. Intanto la corte di Giovanna era travolta dalle segrete pratiche del gran Siniscalco Caracciolo (1423). Costui, cominciando ad adombrarsi della crescente potenza di Alfonso, ispirò i proprii sospetti a Giovanna, e la indusse ad avvicinarsi a Lodovico d’Angiò. Quindi tra la regina ed Alfonso vennesi a guerra aperta, ed ella fu da lui assediata nel Castel Capuano, dove si era rinchiusa; ma Sforza Attendolo, mossolesi in ajuto da Benevento, strinse Alfonso a scioglier l’assedio, e liberò la regina. Ma costei dovette fuggir da Napoli, e mettersi in salvo in Aversa. Allora rivocò l’adozione fatta di Alfonso, e tutti i diritti, che a costui aveva conceduti, li trasferì a Lodovico III d’Angiò, a cui, chiamandolo da Roma in Napoli, diede titolo e dominio di Duca di Calabria. A condizione però che, dopo cacciati gli Aragonesi dal Regno, egli ancora se ne partisse, nè fino a che ella viveva potesse senza licenza di lei tornare in Italia, nè facesse amministrare che per via di uffiziali il suo ducato di Calabria. Questo trattato tra Giovanna e Lodovico fu ratificato dal papa.

Nondimeno dopo varie vicende Alfonso dovette allontanarsi dal Regno, e navigar per la Spagna, ove lo chiamavano le torbide cose di quel paese, ed il desiderio di ottener la libertà di suo fratello, prigioniero del re di Castiglia. Lasciò a guardia di Napoli suo fratello Pietro di Aragona, dal quale i Reggini ottennero di non esser astretti ed obbligati a pagare alcun diritto di biada, di erbaggio, e di affi-