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   216 libro quinto


6° Che i reggini Aloisio Sparella, e notajo Nicola de Mirabello non potessero esser convenuti in giudizio criminalmente, ma solo civilmente, dal signor Tommaso Demarinis.

7.° Che Onofrio de Maracelli, e Stefano Mayrana, che avevano ottenuto da gran pezza la cittadinanza reggina, potessero con tutti i loro beni e famiglie dimorar sicuri e liberi nella città, come tutti gli altri cittadini, non ostante che fossero genovesi.

Oltre delle suddette concessioni l’università di Reggio chiedeva ad Alfonso che si degnasse restituire alla città il possesso e la tenuta delle due motte Rossa ed Anomeri co’ loro vassalli, diritti e terreni comprati dall’università, giusta il prezzo convenuto, e già integralmente pagato alla regina. Della qual possessione la città era stata posteriormente spogliata di fatto ed armata mano dal magnifico Carlo Ruffo conte di Sinopoli. Domandavano ancora i Reggini che piacesse al Duca di Calabria di permettere che gli abitanti della Motta San Quirillo potessero esser trasferiti in Reggio, e ch’essa Motta fosse demolita. Poichè la stessa era stata abitata dagli uomini de’ casali della città, che poi, traendo partito dagl’interni disturbi, l’avevano sottratta alla dipendenza di Reggio. E che i cittadini di essa, e massime Tuzio Plutino e Marco Illio, fossero rintegrati nel possesso dei beni de’ quali erano stati spogliati da’ baroni e da altri provinciali in tempi di civili scompigli.

Chiesero ancora che approvasse per loro Arcivescovo l’abate Barluccio de Miroldo, eletto dal Clero e popolo reggino; ed ove costui fosse canonicamente confirmato dal Sommo Pontefice, avesse speditamente il possesso della Chiesa reggina. Alfonso talune delle chieste cose approvò senza dilazione, tali altre concesse, dopo aver prese le analoghe informazioni, con provvisioni opportune.

V. Già Ladislao, quando gli mancava il danaro, aveva cominciato a pignorare e vendere alle università del Regno ed a’ Baroni terre e castella demaniali, per sopperire alle sue stringenti necessità, ed a tener viva la guerra contro di Lodovico d’Angiò, e dello Stato pontificio. Giovanna II aveva in pari bisogni imitato spesse volte il fratello. E sappiamo aver ella venduto all’università di Reggio, sedendo sindaci Aloisio Sparella e Notajo Nicola de Mirabello, le due Motte Rossa ed Anomeri. Ma dopo alcun tempo, cadutale di memoria la prima vendita, tornò a venderle al conte di Sinopoli Cario Ruffo. E fece che questo conte si azzuffasse coll’università di Reggio, e si venisse alle armi ed al sangue. Posteriormente la regina rivocò questa seconda vendita, ma il conte non volle ceder per niente. E lungamente queste due Motte furono poste segno alle ire de’ Reggini e