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capo quarto 187   

gliesse, e facesse vela per Reggio a guardar questa città e le marine calabresi dalle offese dell’Alagona. Carlo rimbarcatosi, dopo aver distrutte a ferro e fuoco le campagne di Palermo, venne a Reggio senza ritardo; ed accresciuto il presidio della città e delle altre castella di Calabria, come portava il bisogno, fece una corsa sino a Mileto. Quindi rimontato da Reggio sulle navi prese cammino per Napoli (1325). In questa sua venuta il Duca Carlo confermò a Reggio i suoi privilegi; ed ordinò che tutti gli abitanti della città e del suo territorio fossero, durante la guerra, liberi ed esenti della soluzione delle collette e de’ doni fiscali. E che per ogni salma di vino da introdursi in città avesse a pagarsi dagl’immittenti il dazio di due tareni d’oro. Provvide altresì all’imposizione della gabella del settimo, la cui riscossione servir dovesse da indi innanzi alla restaurazione delle mura della città.

La spedizione di Roberto, mentre gli costava più che assai, ed indotte aveva infinite rovine alle genti litorane dell’isola, non gli acquistava nessun nuovo palmo di terra, nè fama, nè gloria.

IV. Ma è tempo ormai che, sospendendo per poco la trista ed uniforme narrazione delle battaglie, ci rivolgiamo alla storia del nostro municipio, la quale da re Roberto in qua comincia a svolgersi da quella caligine, in cui la veggiamo ne’ tempi anteriori. E siccome sovente c’incontrerà di parlare delle vicende del Comune Reggino, è utile premettere in questo luogo alcune nozioni, che ce ne indichino con lucidità la sua origine. A quel che oggi diciamo Comune, i nostri vecchi davano il nome di Università; e chiamavano Sindico ossia Procuratore, chi era preposto alla trattazione delle cose dell’Università. Questo nome ed uffizio di Sindico (che alla nostra pronunzia è Sindaco) fu a noi senza dubbio tramandato dagli Italioti; i quali, alla guisa degli Ateniesi, nomavano Sindici cinque oratori eletti dal popolo per la difesa delle antiche leggi presso il Consiglio de’ Nomoteti, quando si mettesse in proposta l’abrogazione o derogazione di alcuna fra esse. Questo magistrato, perdutosi come pare sotto il lungo dominio de’ Romani e de’ Goti, ci fu restituito da’ Bizantini; e da costoro, come avvenne di altri nomi di pubblici uffizii, passò ai Normanni senz’alterazione di sorta. Cosicchè ne’ primi secoli della monarchia siciliana erano dinotati col nome di Sindici que’ cittadini che le Università mandavano oratori al Sovrano per la difesa e conferma de’ loro privilegi, o eleggevano temporaneamente per qualche altro lor grave negozio, che richiedesse la direzione ed il consiglio di cittadini sperimentati ed integri.

Quindi questo uffizio non fu allora un magistrato annuo, ordina-