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capo primo 169   

privata ingiuria fatta a Giovanni da Procida, uomo di libero animo, fu favilla al generale incendio, che dicono Vespro Siciliano. In pochi dì la Sicilia era perduta per Carlo (1282); e Giovanni da Procida, il quale non pativa che l’isola traboccasse nelle mani di ambiziosi e sfrenati demagoghi, e si arrovellasse nelle rabbie intestine, fu autore che fosse alzato in Re di Sicilia Pietro di Aragona, che si era maritato a Costanza, figliuola di Manfredi.

VI. Carlo come subito seppe i gravi casi di Sicilia, e che Pietro d’Aragona era già sbarcato in Palermo, ne rimase così stordito che più non vedeva sè medesimo, e si divorava di stizza. Tutte le principali città di Sicilia avevano fatto eco al moto di Palermo; ma Messina, quantunque gli umori fossero cominciati a bollirvi, tenevasi tuttavia nella fede dell’Angioino. Carlo però, prevedendo quel che sarebbe seguito di quella città così importante, cercò di porvi riparo, per non farla cadere nelle mani dell’Aragonese. Per la qual cosa ordinò che tutte quelle milizie, che stavano per essere spedite contro Michele Paleologo Imperatore d’Oriente, tostamente avviandosi per terra si riunissero in Reggio. Egli intanto coll’armata avrebbele raggiunte per mare. Ma pigliato porto in Reggio con quella maggior prestezza che fu possibile, conobbe che Messina, seguendo le altre città, si era gittata a re Pietro. A Carlo sudarono i capelli; corse coll’armata in Sicilia, e sbarcato accosto a Messina, prese le colline che si digradano al castello di Mattagrifone dalla parte di Taormina. E devastatone il territorio, si mise a campeggiar la città; alla cui difesa stava Alaimo da Lentini succeduto a Baldovino Mussone, che non volendo riconoscer la nuova signoria, si era dimesso del suo uffizio. Intanto che Messina era strettamente assediata, Arechino de Mari Ammiraglio di Carlo con una parte dell’armata perlustrava le acque dello Stretto per vegliare il litorale, e codiare il nemico. L’assedio di Messina durava già un pezzo di sei mesi, e cominciavano que’ cittadini ad aver urgente bisogno di ajuti. Nè questi mancarono; che re Pietro spedì loro da Palermo Nicolò Palizzi ed Andrea da Procida con un fiore di cinquecento esperti saettieri (1282), ed in un medesimo ingiunse al suo Ammiraglio Ruggiero Lauria, che senza punto d’indugio conducesse l’armata nello Stretto, ed opponendola a quella di Carlo, sforzassesi di liberar quel mare della presenza de’ navigli nemici.

VII. Ma in questo maneggio di cose il verno costringeva Carlo a togliersi dall’assedio di Messina, e ritirarsi a Reggio a passarvi quella stagione. Ed aveva già travalicato più assai che mezzo lo Stretto quando venutagli alle reni l’armata aragonese, gli aggraffò trenta