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capo secondo 75   

cessa a lui la vittoria sopra i Romani, se la moltitudine de’ Locresi, a cui tornò in quell’ora alla mente l’insolenza e l’avarizia affricana, non si fosse dimostrata a’ Romani favorevole. I quali nondimeno non avevano trascurato di spedir nunzii in Sicilia a Scipione a fargli nota la gravità dello stato, e come Annibale fosse in procinto dì soverchiarli con tutte le sue forze. E Scipione fattosi da Siracusa a Messana, ivi imbarcò sulle navi un buon rinfresco di gente, e si diresse a tutte vele per Locri. Quando fu colà pervenuto il giorno non durava che poche ore ed egli poneva in terra, ed introduceva nella città i soldati con tal prestezza che il sole non era ancor tramontato. Seppe in quel mentre che la rocca ov’erano i Romani, battuta da Annibale a gran furia, stava in estremo bisogno di arrendersi. Allora il duce romano, che dalla città aveva già introdotto nella fortezza gran parte de’ suoi, operò una sortita così subita e veemente, che Annibale ne restò trasecolato. E saputo che vi era entro Scipione, si tolse spacciatamente dall’assalto, e da Locri si allontanò con tutta la sua gente. Così questa città era restituita a’ Romani; e Scipione, lasciatovi un forte presidio sotto il prefetto Quinto Pleminio, fece ritorno a Messana con quelle milizie che seco aveva condotte.

II. Ma così fatte furono le scelleraggini e le rapine consumate da Pleminio in Locri (An. di R. 550. av. Cr. 204), (il quale imitando l’esempio di Dionisio e di Pirro, non aveva avuto ripugnanza di far suo il tesoro di Proserpina) che i Locresi se ne richiamarono vivamente in Roma al Senato ed al popolo. A così giuste querele una commozione grandissima si eccitò in Roma a favor de’ Locresi; e fu preso che i tribuni del popolo Claudio Marcello e M. Cincio Alimento, dieci legati, il pretore della Sicilia Marco Pomponio, ed un edile della plebe si recassero a Locri senza ritardo, e prendessero minuta informazione di quanto veniva imputato al prefetto. Il quale per sottrarsi alla burrasca che stava per riversarglisi in capo, fuggì di soppiatto da Locri per Napoli. Scoperto però quivi da Quinto Metello, uno de’ dieci legati, fu sostenuto e ricondotto per forza a Reggio, ove eziandio erano mandati presi da Locri quanti avevano tenuto mano alle sue enormezze.

Prima che ogni altra cosa, i legati ingiunsero a Pleminio di restituire a’ Locresi il tesoro di Proserpina; e ad essi Locresi fu ridonata libertà di reggersi al modo delle altre città federate. E da ultimo il pretore con pubblica grida annunziò che chiunque avesse a muover lamento contro Pleminio, il seguisse in Reggio. Donde poi il prigioniero con altri trentadue suoi complici fu trascinato a Roma