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l'altro viaggio 419

concetto comune. E così, in certo modo, col tacere di questo nuovo fiume che si forma subito d’Acheronte, e col farci supporre che i lussuriosi e golosi (la gola nel peccato dei primi parenti ha gran parte) siano disterminati dall’Acheronte, come quelli del limbo, dà a divedere che la lussuria e la gola pure e semplici sono una cotale specie immediata del peccato originale: sono il fomite acceso da esso. E così fa vedere lo Stige solamente nel cerchio dell’avarizia, perchè questo vizio è già un corrompimento maggiore, il primo distogliersi dal suo corpo della natura viziata, e il primo suo appetito, dirò così, innaturale, e la prima forma d’ingiustizia.

Ma torniamo al dolce Padre, il quale, passato il muro, si trova tra le fiamme e la fiumana; e sparisce. Sparisce, e si trova misticamente dove era: tra la fiumana, che è detta Acheronte, e le fiamme dell’ultimo cerchio del Purgatorio. È un tutt’uno l’abisso e il monte; formati dallo stesso cader dell’angelo; con lo stesso ordine degli stessi peccati, mortali nell’uno, veniali nell’altro. Sparisce, e si trova, come quando Beatrice lo chiamò, ed entrò a lui passando dall’un dei margini: da quello delle fiamme; da quello della mondizia di cuore, cioè della visione e della sapienza. E bene è dunque naturale che Beatrice parli allora del timore delle fiamme paurose in comparazione dell’altro timore che è inizio di sapienza: del timore che non si deve avere delle fiamme della mondizia e della visione.

Così in quel discorso di Virgilio, che riferisce, a confortare del suo timore il discepolo, le parole di tre donne benedette — che possono benissimo raffigurare le tre virtù teologali, ed essere carità, spe-