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162 Sonetti del 1841


A MI' CUGGINA ORZOLA1
PE' LA SANTA BEFANA DER 1841.

     Sora racchietta2 mia, propio quest’anno
Che mm’annate più a ssangue e ppiù a ffasciolo,3
Nun ho possuto avé mmanco un piggnolo
Né un ossetto de morto4 ar mi’ commanno.

     Dall’antra parte io povero fijjolo,
Che mm’arranchello56 e ccampo anno-penanno,
Che ccosa v’ho da dà, ssi nun me scanno?
Scopo casa7 e vv’appoggio8 un mostacciolo.

     E ssimmài vostra madre, in faccia a mmé,
Dirà cch’ar zummum pò ccostà un quadrino9
E nnun è robba da par vostra o cche,10

     Io j’ arisponnerò: “Llei vadi a spasso,
E penzi ch’io nun tièngo er butteghino11
Pe’ nnotà ccom’e llei ner brodo grasso.„

  1. [Orsola Mazio-Balestra. V. il sonetto: A la sor Orzola, 19 ott. 38.]
  2. [Il Belli dice altrove che racchia significa: “giovanetta leggiadra, e per lo più polputella.„]
  3. [Andare a fagiolo vale anche in Toscana: “andare a genio, piacere.„]
  4. [Piggnòlo: pinòlo, pinocchio. Anche da uno scherzo italiano del Belli rilevo che, per la befana, egli usava regalare a questa sua cugina pinocchiate e ossi di morto, specialità, soprattutto i secondi, delle pasticcerie di Perugia.]
  5. [M'arrampico, mi sforzo, m'ingegno.]
  6. [Anno-penando. Locuzione scherzosa, d'uso comune e nata dalla somiglianza di suono con anno pe' anno.]
  7. [Di gente molto ricca si suol dire che, a un bisogno, se scopano casa, o se danno un calcio a un mattone, trovano quel che vogliono, son signori come prima. Qui dunque la frase è usata ironicamente.]
  8. [E vi do, vi affibbio.]
  9. [Il centesimo del papetto o lira romana.]
  10. [O che so io.]
  11. [Chi ha conosciuto la Mazio, mi dice che essa non teneva nessun botteghino del lotto, ma che poteva averlo avuto dal Governo, e poi subaffittato.]