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114 Sonetti del 1835

LE SCIARLETTE1 DE LA COMMARE.

     Dico, diteme un po’, ssora commare,
Che ssét’ita discenno2 a Mmadalena
Che llui3 me pista,4 e nun c’è ppranzo e ccena
Che ffinischi tra nnoi senza caggnare?

     Ebbè? Ssi5 Ustacchio me bbastona, è affare
Da pijjavvene6 mo ttutta sta pena?
Che importa a vvoi? Me mena, nun me mena,
È mmarito e ppò ffà cquer che jje pare.

     Che vve n’entra in zaccoccia, sora ssciocca,
De li guai7 nostri? Voi, sora stivala,
Impicciateve in quello che vve tocca.

     Vàrdela8 llì sta scianca a ccressceccala!9
Lei se tiènghi10 la lingua in ne la bbocca,
E ss’aricordi er fin de la scecala.11

24 gennaio 1835.

  1. Ciarlette.
  2. Che siete ita dicendo.
  3. Mio marito.
  4. Mi pesta.
  5. Se.
  6. Pigliarvene.
  7. La voce guai è presa spesso, come qui, in senso di “affari, interessi personali di qualcuno.„
  8. Guardala.
  9. Questa gamba a cresce-e-cala. Il cresce-e-cala è quel genere di cilindretti di cristallo rintorti a spira, i quali, girati in uno o in altro senso, sembra che si allunghino od accorcino.
  10. Si tenga.
  11. Cicala.