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fiorini. Zio rispose che glieli aveva già restituiti. L’altro negò. Zio prese di portafoglio una banconota da dieci, la pose sul tavolo, prese un fiammifero, accese una candela, e tenne la banconota, delicatamente per un angolo, sulla fiamma, finché bruciò tutta.

— Ghe fazo veder che no me interessa de diese fiorini; ma a lei no ghe devo un soldo. Bongiorno.

Sposò a modo suo, contro la volontà e il piacere di tutti i suoi parenti; studiò in tre mesi il croato e andò con la sua donna nelle foreste della Croazia, a fare il mercante di legnami. Cosicché egli fu sempre per quasi tutti i parenti uno screanzato mistero da stare in guardia, un uomo presuntuoso e senza giudizio. Lo sfuggivano seccati; e se mai dovevano parlare con lui per convenienza, l’ascoltavano come s’ascolta la storiella mille volte ripetuta del vecchio parroco di campagna, e guardandolo di sfuggita in viso per presentire che nuovo tiro meditasse. Pure era ottimo e calmo, benché anima di passioni. Era alto, e tarchiato di petto; il viso largo, a tratti grossi, senza delicatezze, ma gli occhi come quelli di mamma, e la barba bionda chiara, ingiallita dal fumo. Camminava con il passo delle guide. Parlava lentamente, con voce bassa, profonda, negli occhi una gioia quasi puerile per ciò che raccontava, ma d’una puerilità pregna di dolore e disperazione. Non aveva che la famiglia; e la moglie gli era morta; una figlia gli s’era uccisa; un’altra aveva abbandonato il marito e s’era fatta canzonettista. Non piangeva; ma quando, seduto nel nostro salotto, tossiva, la corda più bassa dell’arpa di mamma dava una vibrazione lunga, terribile. Era stanco e quasi sfinito. Mamma gli diceva: — Eh, su, coragio, ti xe ancora come