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si rivolsero verso gli occhi di Gavina con uno sguardo quasi umano.

Ella gli porse un pezzetto di pane; ma il daino si ritrasse, piegando le gambe sottili e gettando all’indietro la bella testina, e solo quando s’avvicinò Priamo sporse il muso tremante verso la mano di Gavina.

— Le piace? — gridò il paesano; e Priamo soggiunse subito:

— Se ti piace te lo dò. Lo vuoi? Però bisogna chiuderlo nella casetta, chè non ci veda partire.

Ella arrossì, accettò, e il vecchio guardiano s’incaricò di trattenere il daino, gli diede da mangiare, gli parlò in versi!

— Tu mi farai un piacere, — disse la signora Zoseppa a Priamo. — Andrai da mio marito e da Luca, domani, e dirai loro che ci hai vedute e che stiamo bene. E saluterai tuo zio.

— Sì, sì, andrò! — gridò Priamo saltando a cavallo e rivolgendo un ultimo sguardo a Gavina.

Ella rimase nella casetta, accarezzando il daino che non tentava di scappare ma guardava attraverso la finestra con uno sguardo fisso e melanconico; e anche lei guardava lontano, e i suoi occhi a momenti avevano la stessa espressione di quelli della bestiola. Dev’era Priamo? Era giunto nella piccola città? Pensava a lei? Ed a lei, a lei era proibito di pensare a lui, come al piccolo daino ora-