Pagina:Sino al confine.djvu/327


— 321 —

il pugno di ferro. I colpi echeggiavano nell’interno della casa.

Agitata da un tremito convulso Gavina si stringeva le sottane sul ginocchio ferito, ma il sangue continuava a scorrere lungo la gamba ed a sgocciolare fino a terra. Paska non apriva: il nano guardava il sangue con occhi spaventati e diceva:

— Signora Gavina.... signora Gavina... che è stato? Il medico....

— Sta zitto! Vattene. Sono caduta. Vattene, ti dico!

— Devo chiamare il medico? La zia Itria? Tanto sangue....

— Niente, niente! Non dir niente a nessuno: vattene.... vattene.... — ella ripetè, aggrappandosi al battente della porta.

Aveva paura di cadere e le sembrava che il terreno oscillasse sotto i suoi piedi; ma quando Paska aprì e vedendo il sangue cominciò a gridare, ella le mise una mano sul petto, la spinse indietro, entrò e chiuse la porta col catenaccio.

Più tardi il nano fu visto camminare curvo, lungo la strada, dalla porta dei Sulis al portone di Michela: raccoglieva pugni di polvere e li spargeva sulle impronte sanguigne lasciate da Gavina. Aveva indovinato il mistero? Nessuno lo seppe mai, perchè per la prima e l’ultima volta in vita sua egli seppe tenere un segreto.