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240 parte seconda - capitolo ii


altri prigionieri, che noi non potevamo ritenere alcun abito nostro. Ci portarono e distesero a terra quei duri materassi di capecchio che dicono farti e n’avemmo due per ciascuno. Ci gettammo sopra questi farti Filippo ed io d’appresso, Salvatore di fronte a noi. Quelle pastoie pesavano assai, e ci raffreddavano i piedi. Poichè fummo distesi su quei strapuntini a terra, Salvatore disse: «Ci hanno vestiti da pazzi». «No», risposi io, «da condannati a morte». E Filippo: «È bene che questa noia durerá poco: se dimani non fosse domenica saremmo sbrigati tra ventiquattr’ore». Ed io: «Aspetteremo fino a lunedí mattina». Don Ciccio rispose: «Non dite questo, io spero che il Signore Iddio vi faccia la grazia. Oh, chi poteva credere questo di voi!» E pianse: i custodi e i chiamatori anche piangevano; noi dovemmo confortarli, ma alle nostre parole piú si addoloravano e si meravigliavano. Don Ciccio dimandò se volevamo alcun cibo o ristoro: noi lo ringraziammo: ma poiché seppe che Filippo era digiuno, disse: «Vi farò io una tazza di brodo: non dubitate di nulla: state in mano mia: la farò fare a mia moglie, e ve la porterò io». Andò via, e noi restammo guardati a vista da due custodi e da due chiamatori: perché il condannato a morte non può muoversi, non può toccar nulla, tutto gli dev’essere porto dai custodi, i quali hanno stretto obbligo di guardarlo sempre fiso, di notare e riferire ogni movimento che faccia, ogni parola che dica. Filippo ed io talvolta parlavamo francese per non farci intendere.

Io mi volsi ad un custode, e dissi: «Quando verranno i Bianchi?» Ed egli: «Non so; ma non pensate a questo, o signore». «Debbo pensarci», risposi io; e voltomi a Filippo gli dimandai come li riceverebbe. Ei mi rispose: «Come gentiluomo e come cristiano. Dei miei falli chiedo e chiederò sempre perdono a Dio: a loro dirò poco, perché non ho delitti e so quello che mi vorrebbero dire». «Bene», diss’io, «con questa serenitá vedremo i Bianchi, li ascolteremo, saliremo il patibolo». «Noi siamo cristiani, rispose Salvatore, e moriremo da cristiani». «Dunque», diss’io, «ci vogliono far