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178 parte prima - capitolo xx


sentire un brivido per la schiena, pei visceri, pel petto, e mi sforzava alle lagrime.

Nei giorni seguenti continuarono grida, luminarie, canti, musiche; ed una sera innanzi la reggia fu cantato un inno in onore del príncipe da molte signore e gentiluomini, e fu bellissimo. In questa ecco il carro del Mamone, tutto illuminato, e coi ritratti del Pagano, del Cirillo, e di altri del 1799. Il re l’ebbe come un insulto, e se ne sdegnò fieramente, e il povero Domenico Mamone Capria, che era un professore di chimica, e aveva fatto quel carro coi suoi giovani, ebbe dipoi a passare i guai suoi, che furono molti e grossi.

Dei mali sofferti per tanti anni si dava la colpa ai ministri, al confessore, e a taluno altro: dicevano che il re era buono, e generoso sino a dare spontaneo uno statuto costituzionale, ma era stato tradito, ingannato, non aveva saputo mai nulla dei dolori del popolo. Il Bozzelli stesso diceva a tutti: «Il re è un leale cavaliere, ha maniere incantevoli, ha ingegno non mediocre, è di buona fede, ve lo assicuro io, è piú costituzionale di noi». «Neh!» rispondeva alcuno, «e noi per ventisette1 anni non l’avevam conosciuto!» In tutti gli uomini di senno stava la ferma persuasione che il re era di mala fede, che tutti i Borboni per tradizione di famiglia rappresentano la monarchia assoluta che è stata la loro grandezza, che cedono sforzati da necessitá, ed all’occasione ripigliano il pieno potere, che Ferdinando aveva data la costituzione per imbrogliare le cose non per ordinarle, che chi pochi giorni innanzi aveva fatto bombardare Palermo, Messina, Reggio non era a un tratto diventato un angelo. «Stiamo attenti, smettiamo le feste, attendiamo a lo stato, ordiniamo la guardia nazionale, provvediamo a le provincie». Ma le feste continuarono, anzi crebbero come si seppe che Carlo Alberto l’8 di febbraio e Leopoldo di Toscana il 10 avevano dato anche essi le loro costituzioni. Feste lí per la nostra, feste qui per le loro. La

  1. [Dovrebbe correggersi in diciassette.]