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giovanni pascoli 7


Questo dunque è il mondo poetico del Pascoli; il quale si trova, se così si può dire, al di fuori della letteratura, e consiste tutto di cose, o esterne o interne, che di per sè sono naturalmente poetiche; chi a questo mondo aggiunga alcuna o cosa o sensazione o nome, che riesca nuova, egli è poeta.

Sulla stessa idea si fonda tutto quanto il Pascoli sente di critica o di estetica, a cominciare dai saggi, che sono i più luminosi, sul Leopardi;1 nè poi è idea che solo per sè valga, come astratta; ma egli vi si rappresenta intero, nelle qualità del pensiero come in quelle della poesia. Poichè la teoria è una espressione della sua natura poetica, non meno adeguata, o almeno non sentita meno profondamente dei versi: è la stessa natura, per dir così, ridotta a sistema.

Qualcuno potrà dubitare se il sistema possa convenire molto o poco alla poesia in genere; ma c’è ben pochi, io credo, che dubitino di applicarlo alla poesia del Pascoli. E se si guarda bene in fondo alla più gran parte dei giudizi e delle de-

  1. A dir vero la sua estetica si suole trovar meglio in quella uguaglianza famosa che egli ha posto fra il poeta e il fanciullino. Ma in fondo è la stessa cosa. Il fanciullo concepito come tipo del poeta, è esso il Pascoli ed è esso il fanciullo a cui intenzione fu composta l’antologia; il fanciullo che non discerne l’arte o la parola degli scrittori, ma sente solo le cose poetiche; e alcune gli riescon tali naturalmente, gli uccelli i fiori le lande della lunga ombra; e altre gli riescono impoetiche. Pure è vero che a pensare l’immagine di codesto fanciullo e il Pascoli che in essa materialmente si compiace, l’uomo si può render conto molto ben vivo di certi vezzi e attucci e smancerie e puerilità che sono anche nel poeta. Ma tutto quello che importava dire su questo punto è stato detto.