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290 scritti di renato serra


I suoi principii e le sue pause, le rime e i ritornelli, le strappate e le allegrezze così come gli abbandoni e i prolungamenti del verso, hanno un valore musicale, che qualche volta è tenue e qualche altra volta è profondo; ma è sempre schietto. E questo è il dono che fa di lui l’uguale in certi momenti dei più grandi poeti; un classico, nel senso più esatto del vocabolo. Ci sono delle strofe, dei gruppi di versi che si staccano dal suo volume e restano sospesi nella nostra memoria, come cosa che non appartiene a nessuno; cosa pura e che vive per sè; passione e canto in poche parole indifferenti. Non ne sapremmo rappresentare l’impressione se non ricordando quei frammenti di melica greca, in cui è solo un principio, un accento; tanto semplice che ci fa dubitare di un’illusione, e ci costringe a dirlo e a ridirlo, per essere sicuri della forza che è dentro e che mai non si vuota.

Si pensa qualche volta che se il tempo e il caso potessero d’un tratto devastare e annullare nell’opera del Di Giacomo tutta la parte mediocre e di passaggio, quella in cui la sua ispirazione si riposa o si prepara soltanto, fra le allegorie e le banalità e il pittoresco e il sentimentale, sì che ne restassero qua e là pochi accenti soli, sospiri e grilli e baci, (il principio di un bozzetto, l’interruzione di una serenata, la ripresa di una tarantella; un verso, «addurava de rose a ciente passe....», un singhiozzo, un raggio di luna....), ci verrebbe la voglia di prendere queste cose e di metterle accanto a certi frammenti di Saffo.

Di Giacomo ha i capelli d’argento; ma il viso e la voce è giovane. Oggi lavora per il teatro e per il cinematografo. Che cosa farà domani? ci deve essere ancora tanta poesia nel suo cuore!