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80 scritti di renato serra

gli scrittori d’Italia e quelli non s’inventano; è inutile volerne scoprire dei nuovi, voler tirar fuori le scritture scientifiche piene di cose, voler sostituire alla tradizione nostra letteraria e toscana, col suo centro nel ’500 e col suo orientamento invincibile verso la poesia, una letteratura d’occasione, fatta di scrittori dialettali, critici, pensatori, scienziati che non hanno mai avuto addentellato ed efficacia nella storia e poco valgono di per sè, una letteratura spostata tutta verso il ’600 e il ’700 e verso quella parte di essi che restò nell’effetto più oscura e meno feconda, una letteratura senza piani e senza architettura e senza forma.

Non dico che il Croce voglia questo; sarebbe assurdo. Tutti conosciamo la chiarezza della sua intelligenza, tanta da superare anche quelle che sarebbero le piccole manie e le particolari tendenze dell’uomo, che non può giù scordarsi di esser napoletano, di esser critico per professione e dedito alle cose del pensiero, e di esser stato magari erudito e cacciatore di rarità bibliografiche, di certi secoli e di certe regioni, nella sua giovinezza; questo nel Croce si vede come una sfumatura, che non offende, anzi piace, poichè è il compimento della sua fisionomia; ma è tenuta da lui in quel conto e in quel luogo che le spetta, e che nasce più dalla simpatia che dalla ragione.

Lasciamo stare il Croce, e leggiamo il catalogo, sia pur provvisorio, leggiamo il manifesto; poniamo mente alla lista del cinquecento, per esempio, anche in certi particolarità quasi accidentali, del posto che vi occupa il Castelvetro prima del Caro o l’Aretino rispetto al Castiglione o il Folengo rispetto al Berni; ed ecco il pensiero dei volumi che usciranno per primi, e non a