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la penuria. 117

     Le dure prove di non degna offesa;
     E di paterno reggitore il vanto
     A me daranno i popoli soggetti.
Tu per l’intenzïon casta e benigna
     125Sarai di lode o almen di scusa degno;
     Ma dal contrario effetto il tuo giudizio
     A miglior senno omai si riconduca.
     Langue la mèsse, e ancora incerta pende.
     Quali, fra gli occhi tuoi, che di lontani
     130Opachi vetri s’armano con lenta
     Mano non ferma e già del pondo stanca,
     Ed i cent’occhi del commercio vivi
     Acuti e pronti col diritto raggio
     Delle cose a ritrar l’imagin vera;
     135Quali mi affideran del chiaro lume,
     Che il passo scorga alla secura meta?
     Delle bandite indagini l’inizio,
     Che dal termine suo tanto si parte,
     Nunzio si rende di presagi tristi,
     140Che ne fanno agghiacciar le vene e i polsi.
     La turba scolorata in folla s’urta
     Al querulo mercato; e all’importuna
     Foga tracolla la bilancia grave,
     Che l’indice del prezzo in alto leva.
145Mentre gli scribi tuoi vanno le cifre
     Alle cifre sposando (e forse un nume
     Maligno arride ai vaghi accozzamenti),
     I raccolti manipoli si stanno
     Ritrosi ad aspettar, che la fortuna
     150Novellamente la sua ruota giri;
     O dalla cerchia tua fuggon cercando
     Ombra cortese di fidato albergo.
     Ma chi sul capo balenar la scure,
     Che in atto quasi di minaccia afferri,