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il lusso. 109

     Se non ti offendo i timpani gentili,
     Il Capitale dal severo ciglio,
     E dalle grazie, che largo dispensa
     145A premio di virtude. Ai cambi alterni
     Servono i dischi del metallo avaro,
     Come la ruota fervida del carro
     Per l’aperto sentier. Sono que’ dischi
     Del bramato valor pegno e misura;
     150Ma per fame cessar non li manduchi.
Ricchezza sono il solido adamante
     Ed il fragile vetro; i colmi nappi,
     E le disposte dapi; i sinüosi
     Drappi e i fidati alberghi; e mille e mille
     155Obbietti a mille costumanze sacri
     Della vita civil. Forse l’antica
     Rusticitade povera e selvaggia
     Andrò cantando a rampognar de’ vivi
     L’ozio codardo e le lascivie stanche?
     160Forse m’illude il querulo lamento
     Di chi grida alle turbe: eh! via, gettate
     I prezïosi e nobili trofei
     Della novella etade; e poi vi caccia
     Sopra gli artigli colla ingorda brama?
     165Forse rinnego del sereno giorno
     Il benefico raggio, e maledico
     Alla vampa del Sol perchè di lievi
     Macchie s’adombra; o delirando penso,
     Che la foga de’ secoli s’arresti
     170Alla verga di magico profeta?
Io so, che ad ogni etade il ciel cortese
     I suoi doni concede, e so che all’una
     Lice appena sperar ciò che dell’altra
     I voti adempie, e noi cercando invano
     175Un bene andiamo, onde i nepoti tardi