Pagina:Sercambi, Giovanni – Novelle, Vol. II, 1972 – BEIC 1925048.djvu/56

554 g. sercambi

che ciò ha udito, saglito le scale e giunto in sala, l’ambasciata disse. Lo conte, ricordandosi della promissione, immaginò quel corrieri esser il diaule; tutto smarrito disse: «Dì che vegna». Li gentili omini che a taula col conte erano, vedendolo sì strafigurire, li disseno quello avea. Lui narando loro tutta la convenenza col dimonio presa, coloro confortandolo disseno; «Deh, spera in Dio et a Lui ti racomanda e non dubitare».

E mentre che tali parole si diceano, il dimonio, giunto in sala e dato la lettera al conte, disse: «Conte, osserva la promessa di questa scritta». Lo conte, cognoscendo la sua lettera, voltòsi a’ cavalieri dicendo: «Ecco la promessa al diaule fatta». Coloro dicendoli: «Racomandati a Dio»; il dimonio ciò udendo disse: «Pogo li varrà oggimai, ch’eli è mio». E subito per li capelli lo prese e di tratta fuora delle finestre lo trasse e per l’aire fine a l’inferno lo portò, e quine col corpo e coll’anima fu lassato.

Li cavalieri, stupefatti di quello che veduto aveano, parte se n’è fatto romiti, e parte, dati a’ piaceri, visseno con più discrezione che fine a quel punto fatto non aveano.

Ex.º cxxiiii.