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ii. la «nota ai guinigi» 773

necessari a condurre a termine il loro programma politico. Sotto questo punto di vista esse vanno messe in rapporto con le idee che alcuni secoli dopo dovevano formare l’oggetto della ricerca di Antonio Serra.

Ma a parte questo, la Nota va collocata sullo sfondo della politica perseguita dai Guinigi, eminentemente difensiva e protettiva, concepita come unica alternativa alla perdita dell’indipendenza così faticosamente riconquistata dopo tanti decenni di servitù. Sercambi vuole essere dunque assertore ed interprete di quella direttrice politica che egli aveva chiaramente intuita; la Nota contiene perciò un programma realisticamente pensato ed adattato allo stato delle cose in Lucca sullo scorcio del secolo xiv.

Realismo politico che trasse in inganno gli studiosi del Sercambi e della pubblicistica economica in generale, e nel quale si trovano, da una parte le limitazioni del trattato, e dall’altra la sua originalità ed importanza. In quanto la Nota non si preoccupa di fondare la prassi propugnata su leggi politiche o economiche di ordine generale, se ne può parlare come di una raccolta di massime. In quanto poi essa si propone la formulazione di un programma d’azione amministrativa inteso a difendere le istituzioni dello stato, bisogna riconoscere ad essa il valore di primo trattato sul reggimento di una signoria.

Il Sercambi rimase certamente al di fuori sia delle correnti di pensiero politico che facevano capo agli scolastici, sia delle nuove correnti giuridico-politiche iniziate da Bartolo di Sassoferrato o da umanisti come Coluccio Salutati1. Nelle sue opere non si trova traccia della pur minima informazione tratta dalla pubblicistica politica contemporanea. Nondimeno egli doveva conoscere le prassi istituzionale e costituzionale che erano state al centro della riflessione di Bartolo. Nella Nota ai Guinigi, infatti, egli evita accuratamente di accennare alla legittimità delle istituzioni lucchesi durante il predominio dei Guinigi. Carlo iv, liberando Lucca dalla tirannide pisana nel 1369, l’aveva presa sotto la sua diretta sovranità; l’anno successivo il cardinale Guidone, suo vicario, aveva trasferito la fonte della legittimità, in questo caso il vicariato, nelle mani degli anziani della città. Soltanto nel 1413, dopo vani e ripetuti tentativi, riuscirà Paolo Guinigi ad ottenere dall’imperatore il vicariato sulla città e sullo stato lucchese. Fatto di grande importanza, che

  1. E, come si sa, Coluccio era ben conosciuto a Lucca; sul soggiorno del famoso umanista a Lucca si v. A. Mancini, in «Marzocco», 10 apr. 1927, e l’art. di G. B. Bellissima, Nuovi documenti sulle compagnie degl’Inglesi e dei Bretoni in Italia (contributo all’epistolario del Salutati), in «Annali delle Università toscane», n. s., xi (1927), 137-45.