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32 piccolo.

certe casse, dove non si lavorava più, il gas era abbassato: solo tre tipografi componevano gli ultimi pezzi del giornale; Peppino si ergeva sopra uno sgabello, essendo ancora troppo piccolo per arrivare alle cassette dei caratteri; il proto, tutto attento, si curvava sopra un ampio tavolone coperto di marmo macchiato di inchiostro, umidiccio di un’acqua sporca, e con certe sue pinzette cavava certe lettere dalla pagina composta, tutta nera. Riccardo gironzava, ma sapeva che non doveva parlare ai tipografi, massime in quella fervida ora di lavoro: e dopo un poco, se ne andò in un camerotto di legno, simile a quello dove lavoravano suo padre e Dolfin. Attorno a una larga tavola, sedute sopra certi alti seggioloni, stavano le tre piegatrici dei giornali: e innanzi a ognuna di loro, un fascio di giornali aperti si elevava. Rapidamente, senza smettere di parlare, senza guardare, esse piegavano il giornale in due, poi in quattro, poi in otto, poi in sedici: agilissime volavano le dita, l’unghia del pollice passava sulla piega per fissarla meglio, i giornali piegati si elevavano in mucchi.

Maria lavorava lentamente: era la giovane moglie di un cocchiere, bellina, dall’aria signorile, convalescente ancora di un tifo che le aveva minacciato per più giorni la vita, coi