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fra loro qualche pezzente e davano in qualche risata infantile. Le giovanette stavano diritte, sulle loro sedie, con la stessa immobilità, con la stessa distinzione, come in teatro.

Dopo qualche tempo di viavai, di agitazione, di ordini dati a voce bassa, coi cenni, da vicino, da lontano, la squadra dei signori in redingote e tuba aveva, man mano, fatto sedere i trecento poveri, centocinquanta per parte, ai posti loro assegnati. La fatica non era stata poca, materialmente parlando, per collocare tanta gente diversa, impacciata, lenta, malata, trascinante i passi, che non trovava la sua sedia, che esitava, intimidita, imbrogliata, innanzi a quella funzione del pranzare, in pubblico, a una mensa pulita, servita da camerieri in marsina e da signori rispettabili in toilette irreprensibile. A un certo momento, vi fu un istante di sosta.