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98 alla scuola


Ma in questa ora, quella scarna di Aloe, dagli occhi febbrili, fece quante impertinenze possono frullare in una testolina stravagante: stracciò un quaderno, tolse una scarpa a Parascandolo, si ficcò uno spillo tra due denti che non si poteva più cavare, sventrò il cuscinetto di un banco, ruppe un vetro e si ferì una mano. Niente ci poteva: si rideva delle sgridate, si rideva del castigo, andava in un angolo, ballava la tarantella e faceva le castagnette con le dita, si buttava per terra, faceva le capriole. Frenarla non era possibile. In certi momenti mi veniva da schiaffeggiarla: in certi altri mi salivano le lagrime agli occhi. Ella era indomabile.

— Aloe, se non state un po’ tranquilla, chiamo la direttrice e me ne vado su — le dissi placidamente.

Ella mi guardò, di sottecchi.

— Se vi fate dare un bacio, mi sto quieta — mi disse.

— Che! siete troppo impertinente.