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leggenda di capodimonte 205

lore della morte, non mandavano più lampi di vitalità le pupille: eppure alacrissima ed efficace era la vita dell’anima. È questa la funesta malattia che uccide gli umani; è il fatale ed insanabile amore dell’ideale.

Nella nebulosità di un viale, dove si elevava un velo opalino ed iridescente, in un mattino d’inverno, egli la vide. Era una forma snella, senza contorni, fatta d’aria, ondeggiante; fu un baleno lieve, un luccicare, un istante solo di luce. Egli corse, ansioso, rinvigorito; nulla ritrovò, la forma gentile era scomparsa. Ma come il suo cuore si pose a desiderare ardentemente di rivedere il fuggevole fantasma, con la possanza della volontà lo evocò di nuovo. Sempre lontano, sempre un’ombra vana. Qualche cosa di bianco e di lucido che tremolava, che non toccava il suolo, che si dileguava nelle linee indefinite dell’aria. Quello, quello era il suo amore: giunto sul punto dove gli era apparso, egli s’in-